Fonte: Napoli News Magazine

Andrea Poggipollini. Artista del futuro più presente che mai.

“Non si sceglie di essere artisti, come non si sceglie di essere salumieri o aviatori. Arriva un giorno in cui intuisci il tuo talento, che diventa passione di vita, sempre se c’è la fortuna di poterlo fare.”

Questa è forse una delle frasi che, più d’ogni altra, ci ha colpito dell’artista che oggi abbiamo l’onore di presentarvi.
Difficile definire chi sia Andrea Poggipollini. Pittore, scultore, fotografo, maestro e poeta di classe. Catalogarlo in una posizione specifica è fin troppo arduo.
Nato a Bologna, in quel dì del 1963, ha dedicato la propria vita alla sua arte ed alle sue passioni, che circondano delicatamente ogni forma di creatività. Un uomo che, nonostante il proprio nome si sia fatto spazio in lungo ed in largo, e benché abbia già vinto sterminati premi e concorsi e partecipato ad innumerevoli fiere e mostre, è riuscito a far sì che la sua forza, il suo potere e la sua straordinarietà risiedano proprio nell’umiltà che lo contraddistingue.
Ai nostri microfoni Andrea è stato di una simpatia eccezionale e di una gentilezza di altri tempi, così come straordinaria è la sua attività artistica ed il suo estro.

Noi, dal canto nostro, non possiamo che aprirgli ampiamente le braccia della nostra Napoli.
Citando uno dei suoi aforismi, lasciamo che siano, poi, le sue parole a raccontarvi il resto.
“Da bambino, costruivo castelli di sabbia. Da adolescente, ne cercavo il mistero. Da adulto, li fabbrico in aria.”

Prima di tutto chi si nasconde dietro l’artista? Chi è, dunque, Andrea Poggipollini e da dove nasce la sua arte?
Vorrei chiedere chi sono ad ogni persona che mi conosce o si interessa a me. Ne uscirebbe la traccia perfetta per identificarmi e scoprirmi ancora più.
La mia arte credo sia innata. Un nonno materno austro ungarico, maestro d’arte mai conosciuto, e un nonno paterno sarto di fama locale. Di solito avviene così… Il sangue familiare non mente.

Nella Sua biografia è citata anche la collaborazione con l’artista Andrian Tranquilli.
Quanto è stata importante per Lei? Ci sono stati altri collaboratori e/o maestri a cui tiene particolarmente o ai quali si è ispirato per qualche Sua opera?
Adrian Tranquilli mi ha aperto le porte sulla visione dell’arte creata ed inventata. Ho scolpito parte delle sue opere come facevano gli allievi per i loro Maestri. Ho imparato tanto. Mi son detto “proviamo”. I miei miti sono Rodin e Canova. Due stili opposti ed epoche diverse da cui traggo Meraviglia.

Un vero e proprio artista poliedrico, inserito perfettamente, come Lei stesso ha definito, nel trittico composto da fotografia, scultura ed installazione. C’è una forma d’arte, tra queste, che ha influenzato particolarmente la Sua carriera personale e lavorativa?
La mia formazione è nell’ibrido della scenografia-scenotecnica, che abbraccia ogni forma di arte artigianale. L’installazione, diventa l’insieme delle due arti da me scelte, scultura e fotografia, che “scenografa”, movimentando, l’idea del momento. Ciò che ne scaturisce è un impatto visivo, anche sonoro e quant’altro, da me creato e cercato. Le idee sono sempre in evoluzione e si realizzano nello scatto, nel plasmare e nell’ambientare, ispirate da una folgorazione creativa.
La sua arte si sviluppa tra Bologna e la Toscana, terre vive di fermento artistico. Che legame c’è con la sua Terra e l’arte per cui essa è conosciuta?
Bologna poiché la mia città di nascita. La Toscana la frequento in due zone diverse, Lunigiana e Valchianina. Nella prima, un castello, un fu poeta caro amico, Loris Jacopo Bononi, che mi diede la possibilità di conoscerlo, frequentarlo, fino a permettermi una mostra nel suo castello e borgo appunto, ricco di una storia inedita quasi inenarrabile, poiché densa di infiniti dettagli. Nella seconda, Cetona il nome del paese, ho la fortuna di avere parte dello studio di scultura, in una cascina immersa nel verde. Firenze è a metà strada. Inutile dire cosa si prova a respirare ed osservare dove è il cuore della storia dell’arte mondiale.
Quindi nel passaggio dall’università più antica del mondo (Bologna) e la regione che ha dato natali ad un’arte che spiazza ogni pensiero, l’ispirazione è per ogni senso.
E comunque ogni luogo di ogni universo ha la sua storia, antica o moderna che sia. Mi affascina ciò.

Parlando nello specifico del suo processo creativo. Quali sono i materiali che predilige per le sue opere e da dove nascono i titoli delle stesse?
Il mio lavoro è nato con la materia, con il coinvolgimento visivo e tattile di tutto il possibile concessomi. Legno, ferro, tessuto, fibre, resine, pietre, materiali plastici eccetera. Ecco, ho scelto la leggerezza, un materiale che viene dalla natura ma poi rielaborato chimicamente, insomma l’EPS, il polistirolo. Molto usato in scenografia per le grandi sculture anche storiche. Leggerissimo. L’uso sta poi nella rielaborazione personale, ossia la finitura finale, fino alla colorazione. Forse segreti ma anche no, che ogni scultore ha.

I titoli. Il titolo di un’opera segue la logica dell’idea, del progetto, che ha già un titolo emotivo al momento dell’ispirazione, magari non è ancora definito nel verbo, ma lo diventa poi per presentare il tutto, necessario per dare una indicazione all’osservatore. L’opera stessa, se non unica, è il sottotitolo della ricerca, della motivazione.

C’è una tematica che più di tutte preferisce trattare per la creazione delle sue opere?
La mia ricerca è umanistica. Mi interesso di tutto ciò che è umano e contemporaneo e storico. Mi tengo informato quotidianamente su ciò che ci accade. Ascolto tutto ciò che ha vita e ne arriva spontaneamente il tema, il progetto. Mi comporto da umano tra gli umani senza presunzione. Poi elaboro a mio modo, con il mio linguaggio.

Parliamo adesso delle mostre ed eventi a cui ha partecipato.
La lista è davvero colma di esperienze, tra cui rientrano ben sette edizioni a Fotografia Europea a Reggio Emilia e numerosi percorsi ad Arte Fiera a Bologna (TUTTUNO, Heroes without heart, etc.).
Uno stile del tutto riconoscibile, che quest’anno l’ha visto protagonista della mostra mythoMETOO, anch’esso del panorama magnifico di Arte Fiera di Bologna.

Le va di parlarci del lavoro in questione e dei temi che con esso ha voluto affrontare?
Lista colma di esperienze si, mi piace. Ogni esperienza stimolata da un tema. Suggerito, come nelle sette edizioni di Fotografia Europea a Reggio Emilia, o inventato come nelle tre kermesse di Arte Fiera a Bologna negli spazi OFF. L’unica pretesa che ho sempre avuto, non lavorando per gallerie, è di trovare uno spazio “mio”, quindi una location in affitto, scelta con cura per presentare i vari progetti. Da un appartamento, a una ex sartoria, fino ad una chiesa sconsacrata, e per ultimo a Bologna in centro, stanze enormi in un palazzo storico mai aperto al pubblico.
Non basterebbe questo spazio scritto per parlare di ogni tema. A Reggio Emilia, per esempio, ho trasformato la fotografia in installazioni, ambientando dei percorsi in tre tematiche per ogni manifestazione. Mi sono inventato incontri tra poesia e scultura come per esempio Rilke con Canova, le quali foto sono state scattate nella gipsoteca in Veneto, oppure Rodin con il poeta Loris Jacopo Bononi poco conosciuto. Tutto questo con luci e musiche in sottofondo. Poi una via crucis con le mani di mia madre in fotografia, poi reinterpretazioni dei vizi capitali, eccetera.

“Mitho meeToo” invece a Bologna quest’anno, conteneva tre temi anch’esso. Il titolo generale, in un gioco di parole, richiamava il movimento femminile mondiale antiviolenza, abbinato al mito delle sculture storiche.
“TUTTUNO” è un mix di sette sculture, metà a richiamo di autori nel mito come Michelangelo, Nike di Samotracia, bronzo di Riace, fino a Rodin, Giacometti, Botero, abbinati a miti modernissimi come i supereroi Batman, Wonderwoman, Catwoman, fino a Minnie simbolo della mostra. Storia antica e moderna con un tocco di ironia per coinvolgere anche i più piccini didatticamente e sensibilizzare ogni adulto curioso e pensante.
Poi “heroes without heart” un gruppo di tre supereroi senza cuore, ma con significato che viene dal cuore.
E l’abbinamento di foto di sculture di Giacometti rielaborate e abbinate a stralci di poesia.
Non è facile la descrizione delle installazioni. Cerco un coinvolgimento sensoriale con luci e suoni che accompagnano la visione di ogni opera, affascinato da ogni libera interpretazione soggettiva.
Insomma… cerco sempre un “salotto” per le mie opere come fosse casa mia, pronta ad ospitare sconosciuti. Il mio fine è stare bene, e mettere a proprio agio chi ha voglia di visitarmi e sorridere alla vita.

Eppure, la Sua arte non si ferma qui. Andrea Poggipollini è, difatti, anche autore di versi e pensieri che derivano senz’altro da un cuore puro e da un animo trasparente.
“Vola”, “ImmaginandoVi”, “La matematica del mare”, sono solo tre tra le numerosissime piccole opere nero su bianco che è possibile trovare nel tuo portfolio. Con esse e molte altre ha vinto altresì concorsi e premi, attui a completare il suo straordinario profilo artistico.

Quanto sono importanti, nel suo percorso personale e lavorativo, questi pensieri? Ce n’è uno a cui tiene particolarmente?
La scrittura è assolutamente parte del mio percorso di crescita, che mai terminerà. So di non essere uno scrittore o poeta, come del resto non sono un gran lettore. Senza presunzione alcuna, mi permetto di trascrivere quelli che sono i miei pensieri irrefrenabili, irrequieti anche nel sonno. Sfogarli su carta, pc, smartphone, è come alleggerire la mente dalle overdosi di file pensati e pensanti. Ogni mia opera di scultura, fotografia, installazione, è accompagnata da una poetica, ossia il pensiero che dona una traccia, uno spunto a chi osserva, per potere reinterpretare l’opera e il contesto soggettivamente.
Partecipare a qualche concorso di scrittura è un gioco, un modo per tenere allenata la mente senza pretesa di essere genio o un dio, una maniera per interagire con gli altri. Ho avuto anche riconoscimenti su mio grande stupore. Non ricordo più quello che scrivo a distanza di tempo, e trovo divertente riscoprirmi per ritrovare la follia del momento creativo che fu. Quindi tutto quello che ho scritto è importante, per ricordarmi di essere stato, in una frazione di un momento di vita.

Progetti in cantiere? Come e dove vorrebbe vedersi da qui a dieci anni?
Progetti tanti. Uno per tutti molto ambizioso, avrà titolo “12”. Amo le connessioni con i numeri da cui siamo circondati. “12” avrà riferimento con i 12 apostoli, i 12 mesi, eccetera.
Sono per il “qui ed ora”. Il che non significa essere sprovveduti. Non ho nostalgia o odio verso il passato, non ho timore o speranza verso il futuro. Senza un buon presente, nessun futuro sarebbe possibile.

Prima di salutarci, come di nostra consuetudine, Le chiediamo un messaggio rivolto alle generazioni presenti e future. Cosa si sente di consigliare ai giovani artisti dunque, che, oggigiorno, cercano di trovare il loro spazio? Crede che l’arte sia idoneamente trattata nel nostro territorio e, se la risposta è no, come crede si possa agire per dare maggiore visibilità a tali realtà?
Anche io sono un giovane artista. Sorrido. Lo spazio è per ognuno, almeno cosi dovrebbe essere, quindi ogni scelta va rispettata. Non si sceglie di essere artisti, come non si sceglie di essere salumieri o aviatori. Arriva un giorno in cui intuisci il tuo talento, che diventa passione di vita, sempre se c’è la fortuna di poterlo fare. Ogni lavoro ha un risvolto artistico, stimolato dalla personale interpretazione. Diventare artista, ossia essere riconosciuto come tale, dà la possibilità allo sfogo “legalizzato” di potere creare la propria arte liberamente, per trarne anche beneficio economico. Mi è capitato che si presentassero dei ragazzi diplomati all’accademia di belle arti, dicendomi “Salve, sono un artista, vorrei collaborare con lei”. In questa frase è contenuto ciò che non dovrebbe accadere. A voi il commento. Io lavoro da una vita senza mai pensare di essere un Artista. Porto avanti solo il mio pensiero in materia o scrittura. Sono apprezzato, questa è la fortuna. Pare io sia un Artista quindi. Umiltà, quella vera, quella non dichiarata, che serve per scoprire sé stessi e comprendere il prossimo per un confronto arricchente. Interessarsi alla Natura ed a ciò che produce ogni giorno per permetterci di respirare. Trovare la via, la strada interiore e formare l’IDEA, l’arte e la motivazione della nostra esistenza. Usare l’IDEA per il migliore confronto con il prossimo per non estinguerci con la banale stupidità.
Dire ARTE nel nostro territorio è come dire CASA. La respiriamo ad ogni passo, la vediamo in ogni respiro, la tocchiamo con ogni ascolto, la ascoltiamo con ogni contatto. Ma non ce ne accorgiamo. Che fare? Se ne discute da sempre. E’ la nostra risorsa primaria. Se ne accorgono gli stranieri. Ce ne accorgiamo dopo essere stati altrove nel mondo. Combattere la stupidità, per quanto la rispetto, è cosa primaria. Annusare un dipinto, sfiorare una scultura, vedere un panorama…assieme al primo ciuccio è cosa fondamentale. Nei primi anni di vita si impara ciò che sarà il nostro futuro. Noi adulti ne siamo istruttori. Proviamoci. Non c’è più tempo.